CURRICULUM - pagina 4
 
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Bibliografia
       
             

CAMMINARE-RACCOGLIERE-ATTENDERE

Prefazione alla II edizione di Percorsi dell'Eros

Ai miei soli maestri: i miei libri e i miei pazienti

 

Cosa, un grande uomo? Io vedo sempre e solo il commediante del suo proprio ideale.

Nietzsche

             
La benevolenza di un collega editore mi porta a rivedere queste pagine scritte più dieci anni fa. Dopo averle rivisitate con curiosità e affetto, come quando si rivedono vecchie foto, ho deciso di lasciarle intatte.
Se dovessi riscriverle attenuerei il tono forse troppo erudito, alchemico, con un pò più di cuore, ma non voglio ricadere nello stereotipo di colui a cui gli anni hanno recato saggezza; forse dieci anni fa ero migliore di adesso. Spero tuttavia che le ferite accumulate mi abbiano reso più consapevole dei miei limiti, dei miei errori e del mio continuo vagare. Sulla metafora del viaggio, dieci anni fà, volli intendere e raggruppare in un percorso alcune mie esperienze con i pazienti.
Senza pomposi accademismi tentai di scoprire nuovi territori e nuove strade e, in questi luoghi dove terapia e vita si confondono, mi affascinò la possibilità di viaggiare saltando come la rapida mossa del cavallo negli scacchi. Saltare; percorrere, appunto, ma così facendo alfine mi persi: troppe mappe, bagagli ingombranti, guide incompetenti. Dopo un momento di smarrimento ho compreso, o meglio, ho realizzato che l'unico modo di viaggiare è quello di accettare lo smarrimento e di continuare ad di errare.
Con questa consapevolezza non uso più mappe, nè cavalli, affido il mio cammino solo alle stelle, ai sogni, racconto metafore, raccolgo favole e...erro. raccolgo e attendo senza imporre nessuna conclusione "dove altri userebbero solo la presunzione e una scopa antisettica" (Guidacci: 1970,24) (1).
Scuole, maestri,titoli, fregi, sono zattere(Arena: 1997, 21-23) (2) che servono solo per attraversare fiumi o mari e subito bisogna disfarsene senza rimpianti anzi, come raccomanda lo zen, "se incontri il Buddha per strada uccidilo" o come incitava Paracelso "alterius non sit, qui suus esse potest" (non sia di altri chi può essere se stesso). In questa epoca dove si valuta e si compra non il prodotto ma il marchio , la griffe, voglio ribadire l'importanza dell'opera rispetto all'autore. Il meglio dello scrittore sta e rimane solo nella sua opera, l'uomo è poco, mediocre, insofferente, forse onesto e corretto ma mai all'altezza di ciò che scrive.

Il nuovo titolo è dunque "Erranze" che conserva ancora degli echi e delle assonanze con eros e raccoglie, in questa seconda edizione, due conferenze "a braccio" (3) tenute a Pescara presso il Circolo Archetipico che mantengono lo stile "parlato" e due relazioni, presentate ai congressi di sessuologia, alle quali sono molto affezionato poiché sono le basi della mio approccio alla terapia di coppia.
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C'era una volta un uomo che anelava conoscere il significato della sua vita. Già altri lo avevano istruito sul significato della vita, della società, dell'arte, del denaro della scienza e di altre cose ancora. Molti lo avevano consigliato di godere la vita e basta e così aveva fatto, ma ora voleva, dopo notti inquiete e sogni angoscianti, conoscere il significato della sua vita e così si mise in cammino finché arrivò davanti ad un gran precipizio.

Le due sponde del baratro erano unite da un sottile cavo metallico. Come lui altre persone sostavano interdetti sulla sponda del precipizio e c'erano anche dei palazzi ed ognuno di questi si fregiava del titolo di scuola ed insegnava ad attraversare il baratro. Accanto a lui passò una processione di monaci orientali dai colori sgargianti. Un monaco si fermò davanti a lui gli mise una mano sulla spalla e gli disse: «fratello ti vedo stanco, riposa un poco nel nostro ashram». Il gesto e le parole lo commossero e così seguì i monaci.
Già da due mesi stava riposando presso i monaci ed ancora ricordava le parole del vecchio monaco al suo arrivo. « Tutto ciò che ci circonda è illusione, non attaccarti alle illusioni di progetti e mete, staccati dal piacere e dal dolore e raggiungerai la serenità». L'uomo restò e cominciò le pratiche salmodianti dei suoi fratelli e per un pò di tempo credette di aver raggiunto la serenità ma ....poi un senso di insoddisfazione, dapprima latente, cominciò a premere dentro di lui.

Non c'era alcun motivo apparente di insoddisfazione; i fratelli erano gentili, l'abate rassicurante e le giornate trascorrevano quiete eppure.... Allora fece un sogno dove era in cima ad una grande scala, sull'ultimo gradino, dopo c'era il vuoto. Altre persone lo raggiungevano e poi iniziavano la discesa ma lui, mosso da una determinazione sconosciuta mise un piede nel vuoto su un altro inesistente gradino e cadde nel vuoto. Cadde, cadde, finchè, con grande sollievo si accorse che stava ritornando, volando verso l'alto. Il mattino dopo si presentò dal vecchio monaco, lo ringraziò della ospitalità e gli disse che certamente tutto è maya ma solo sperimentando l'illusione del mondo poteva convincersi di questa.
Ritornò sull'orlo dell'abisso e, guardandosi attorno, lo attrasse un grande palazzo dall'aspetto molto tecnologico. Entrò e subito fu avvicinato da uomini in camici immacolati dall'aspetto autorevole che, con grande dovizia di formule, diagrammi e cifre gli spiegarono che solo la tecnica avrebbe risolto il suo problema. L'uomo volle provare e, dopo aver pagato, iniziò il suo addestramento.
Conobbe la direzione, l'intensità dei venti che facevano oscillare il cavo, l'acciaio di cui era composto, la curva a parabola che tracciava matematicamente sull'abisso etc.. Finchè venne il giorno giusto, in cui tutte le condizioni erano favorevoli. Si mise le scarpe magnetiche che assicuravano la presa maggiore sul cavo, fece dei profondi respiri e cominciò a camminare sul cavo. I primi passi furono agevoli e già esultava quando..... un vento anomalo (che non ci doveva essere eppure c'era) fece dondolare il cavo pericolosamente. Guardò i suoi istruttori per avere dei suggerimenti, per capire, ma questi da lontano scossero desolatamente le spalle affermando che purtroppo nella scienza esisteva anche l'imponderabile.


Con grande fatica e spavento riuscì a ritornare indietro e quando si riprese decise di cercare un'altra scuola. Questa volta la sua attenzione fu attratta da una villa con giardino dall'aspetto molto familiare. Entrò e fu subito accolto da un'anziana signora dai modi affabili.
La soluzione non stava nella tecnica ma nel seguire una formazione in un gruppo diretto da lei stessa. L'uomo cedette a quell'atmosfera familiare e accettò. Conobbe altri come lui e con questi si confrontò, condivise e espresse le sue paure e le sue risorse e intanto il tempo passava e l'uomo si accorse che in questa grande famiglia c'erano i preferiti e gli esclusi e soprattutto che era la grande madre o matriarca che sceglieva chi portare dall'altra parte. L'uomo esitò perchè, se da una parte capiva che poteva essere comodo essere portati, dall'altra il prezzo da pagare era la dipendenza e lui voleva farcela da solo e così con grande amarezza se ne andò.
Questa volta decise di rimanere solo e si costruì una piccola casa sull'abisso ma in disparte, lontano dai suoi simili, i quali, nella stragrande maggioranza non anelavano a passare dall'altra parte, anzi, non vedevano neppure il cavo proteso sull'abisso.


Lesse molto e invece di guardare il cavo, guardò l'abisso, imparò a scrutarlo e a conoscerlo ma un giorno si accorse con terrore che anche l'abisso lo guardava. Ebbe momenti di disperazione e di angoscia eppure rimase ancora su quel margine. Capì che doveva escludere il tempo, l'affanno di arrivare e seguire il consiglio di S. Agostino: «Se la tua mente è confusa, trascendi te stesso». Ebbe un sogno dove l'abisso si dispiegava in una grande valle ridente e fiorita. Quando si svegliò era l'alba e si diresse subito sul ciglio. Il sole cominciava ad illuminare la voragine e si scorgevano chiaramente le piante, gli arbusti abbarbicati alle pareti e sentì il profumo che emanava dai loro fiori e allora....... scorse lungo la parete, appena visibile dalla luce radente dell'alba un piccolo sentiero che scendeva fino al fondo e poi.... risaliva.
Cominciò, con fatica e paura, a scendere. Toccò il fondo e risalì. In questo cammino conobbe altri uomini, ebbe ansie e difficoltà: ma questa è un'altra storia.


Appena risalito dall'altro lato continuò a camminare finché raggiunse una miniera a cielo aperto di diamanti. Si sedette stanco ad osservare mentre altri frettolosamente si riempivano le tasche di diamanti e subito ripartivano. Attese la notte, le stelle e scelse un bellissimo diamante. Stette molto tempo a guardarlo, toccarlo, contemplarlo e... come sempre aspettò un sogno e infine sognò il suo diamante ma sgrezzato, pulito, sfaccettato e su ogni sfaccettatura un episodio significativo della sua vita, sia brutto che bello. Si commosse e pianse se stesso, gli altri, la vita. Quando si svegliò era l'alba e con sorpresa si accorse di avere gli occhi asciutti, aspettò un raggio di sole, prese il diamante e lo collocò nel raggio e questo divenne intenso luminosissimo e gli procurò un istante di gioia. L'uomo si volse alle ultime stelle che svanivano nella luce del giorno, prese il suo diamante e i ritornò all'abisso. Si fermò sul ciglio, prese il diamante e lo gettò nella voragine seguendone il luccichio fino alla scomparsa. Poi intraprese con calma la discesa.

             

Quelli che non sentono questo amore trascinarli come un fiume, quelli che non bevono l'alba come una tazza di acqua sorgiva e non fanno provvista di tramonti, quelli che non vogliono cambiare lasciateli dormire.

Jalal 'uddin Rumi

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NOTE

E R R A N Z E - NOTE

(1) "Mai la psicologia potrà dire sulla follia la verità, perché è la follia che detiene la verità della
psicologia" (M. Foucault)
(2) "Io personalmente sono convinto che in generale la scelta di misurarsi con gli organi, esattamente come il bisogno di oggettivare il rapporto di cui si è parlato, nasca da quell'oscuro timore di misurarsi con -l'altro-: di compromettersi in una relazione coinvolgente che potrebbe rimettere in discussione un equilibrio interiore faticosamente raggiunto."
(A.Carotenuto-La Colomba di Kant-Bompiani. 1986,pag.76)
(3) Solo. Da bambino non ero come gli altri / non vedevo come gli altri vedevano / né le mie passioni scaturivano da una fonte comune / e le mie pene non avevano la stessa sorgente. / Il mio cuore poi non si destava alla gioia in armonia con gli altri. / Io, tutto ciò che amai, l'amai da solo. / Allora, nell'infanzia, nell'aurora di una vita tempestosa, / trassi il mistero che ancora m'imprigiona da ogni abisso del bene e del male.    E. A. POE
(4) Sono confortato in questa mia posizione anche dagli esiti della ricerca di Michael Lambert sulla valutazione della psicoterapia in cui uno dei punti cruciale è che: non è dimostrabile una netta prevalenza di un modello di terapia sull'altro (Santo di Nuovo - La cura della mente - in Psicologia Contemporanea.  162  Pag.4-11)

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FORME DEL PATIRE - NOTE

(*) Galimberti. U. I vizi capitali e i nuovi vizi. Feltrinelli. 2003. Pag 83-4 - Questo spiega perché nella nostra epoca sono diventate egemoni quelle psicologie dell'adattamento il cui implicito invito è di essere sempre meno se stessi e sempre più congruenti all'apparato.
Non diversamente si spiega il declino della psicoanalisi come indagine sul proprio profondo, e il successo del cognitivismo e del comportamentismo. Il primo per aggiustare le proprie idee e ridurre le proprie dissonanze cognitive in modo da armonizzarle all'ordinamento funzionale del mondo, il secondo per adeguare le proprie condotte, indipendentemente dai propri sentimenti e dalle proprie idee che, se difformi, sono tollerati solo se confinati nel privato e coltivati come tratto "originale" della propria identità, purché non abbiano ricadute pubbliche.
Qualsiasi processo individuativo che risulti non funzionale alla società omologata.
In questo modo le psicologie a orientamento cognitivista e comportamentista perdono il loro oggetto specifico che è la "psiche", e gli individui "perdono l'anima" realizzando quell'armonia prestabilita di leibniziana memoria che, improbabile tra "monadi senza porte e senza finestre" viene attuata tra monadi esposte esposte l'una all'altra, perché sono cadute le pareti che separano il "dentro" dal "fuori", così come quelle che consentono di distinguere un individuo da un altro individuo. Infatti nelle società omologate, la differenza, la specificità e la peculiarità individuale, oltre a non essere remunerative, destano persino qualche sospetto.

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CAMMINARE, RACCOGLIERE E ATTENDERE - NOTE

(1) Al Dottor Y

Sei all'oscuro di tutto come noi
Tu non puoi ricomporre un disegno spezzato
rendere ad un fiore il suo stelo
ad una vela la sua barca.
Questi cocci che furono anima
non ti dicono i loro segreti.
Ma sui sentieri ingombri di macerie
tu cammini umilmente
e raccogli e attendi
senza imporre nessuna conclusione
dove altri userebbero solo la presunzione
e una scopa antisettica.
Margherita Guidacci

(2) "Un giorno il Buddha decise di illustrare ai monaci la funzione della dottrina(Dharma).
E, per eliminare equivoci, ricorse ad una parabola.
-Dopo un lungo cammino, un uomo giunse nei pressi dell'oceano-
-Al di là delle acque c'era la Terra Pura, mèta delle sue brame.
-Come avrebbe potuto raggiungerla?
-Dopo un attimo di riflessione, l'uomo decise di costruirsi una zattera
-La vegetazione cresceva rigogliosa, sulla riva. Da canne e giunchi si poteva ricavare
 rapidamente il materiale necessario.
-L'uomo si mise a lavorare alacremente, senza sosta.
-E, in breve tempo , la zattera era pronta.
-"Ora la traversata può iniziare."
-Mentre l'imbarcazione solcava le acque, il navigatore pensò: " Ho fatto proprio bene a costruire
 questa zattera. Non c'erano barche nei paraggi e, diversamente, avrei mancato il mio scopo."
-Finalmente la zattera toccò l'altra sponda.
-Pieno di gioia, l'uomo si mise a contemplare il paradiso: era uno spettacolo indescrivibile, molto
 superiore a tutte le sue aspettative
-All'improvviso, però un pensiero angosciante s'insinuò nella sua mente.
-"Come posso separarmi da un oggetto che mi è stato tanto utile?"
"Egli, infatti, si era affezionato alla zattera e, in segno di gratitudine, non voleva rispedirla ai
 flutti….
-Allora cominciò a camminare sulla Terra Pura con la zattera in spalla.
-Qualcuno lo notò, e rimase sbalordito.
-"Perchè te ne vai in giro con un simile fardello?"
-L'uomo non riuscì a replicare. -"Sei proprio pazzo. Non è certo questo il modo di usarla!"-
-Quelle parole lo fecero riflettere. L'uomo capì che non stava rendendo un bel servizio alla
 zattera.
-Per di più incedeva a fatica nella terra nei suoi sogni!"
 All'improvviso prese una decisione
-Ritornò sul litorale, e sospinse la zattera tra i flutti-
-Poi restò a guardarla andare alla deriva, in balia delle onde.
(L.Arena- La via buddhista della illuminazione- 1997 Mondadori, pag 21-23)

(3) dove si noterà la differenza tra lo scrivere e il parlare. Il parlare è un processo interattivo tra pubblico e conferenziere che si sviluppa per lo più inconsciamente -rem tene verba sequentur- in una sorta di feedback con efflorescenza di immagini legate da un filo. Lo scrivere è un processo solitario in un dialogo inconscio con se stessi dove l'ossessione dello stile(così è per me)cerca di ordinare le immagini in una struttura ordinata e ben definita.

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BIBLIOGRAFIA
L: V: ARENA - La via buddhista della illuminazione. Mondadori 1997

M.GUIDACCI - Neurodance. Neri Pozza editore 1970

S.KOPP - Se incontri il Buddha per strada uccidilo. Astrolabio 1975

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